Analisi con fasci di ioni (PIXE, PIGE, BS, IL, DPAA)
Nelle tecniche di analisi con fasci ionici (Ion Beam Analysis, IBA) la composizione del campione da analizzare viene dedotta dall’osservazione dei prodotti di interazione fra quest’ultimo, usato come bersaglio, e un fascio di particelle accelerate di energia dell’ordine dei MeV. Rivelando la radiazione emessa nelle interazioni fra gli ioni del fascio e gli atomi o i nuclei del bersaglio è possibile caratterizzare il campione sia qualitativamente che quantitativamente.
Il campione non ha bisogno di essere trattato né messo in vuoto (tipicamente nelle applicazioni sui Beni Culturali le misure vengono eseguite estraendo il fascio incidente in aria); quando possibile si può effettuare l’analisi anche sull’opera intera, se trasportabile presso il laboratorio.
Si hanno diverse tecniche a seconda della radiazione che si decide di rivelare.
PIXE (Particle Induced X-ray Emission): si rivela la radiazione X, che è caratteristica delle specie atomiche che l’hanno emessa. In set-up in esterno è possibile rivelare in una singola misura da pochi minuti tutti gli elementi con Z ≥ 11, anche se presenti in traccia.
PIGE (Particle Induced Gamma-ray Emission): si rivela la radiazione γ, che è caratteristica delle specie isotopiche che l’hanno emessa. Con la PIGE è possibile superare alcuni dei limiti della PIXE, per esempio quando il problema è rivelare la presenza di elementi leggeri situati in strati più profondi del campione.
BS (Spettrometria di Backscattering): si rivelano gli ioni del fascio diffusi all’indietro dai nuclei del bersaglio. Questa tecnica ha il vantaggio di permettere la rivelazione di elementi leggeri (Z > 1 con fasci di protoni) e di dare informazioni sulla stratigrafia del campione. Anche la BS viene quindi spesso usata come complemento dell’analisi PIXE.
IL (Ionoluminescenza): si rivela la radiazione luminosa (UV/VIS/IR). Lo spettro IL può dipendere significativamente dagli atomi vicini a quelli che lo emettono, dando così informazioni sui legami chimici. Questa analisi consente di identificare velocemente il materiale (ad esempio il cristallo) costituente il campione.
DPAA (Deep Proton Activation Analysis): si basa sulla produzione di isotopi radioattivi in seguito a reazioni nucleari indotte dai protoni del fascio sui nuclei atomici di cui è costituito il reperto in esame. Consente di concentrare l’analisi nella zona interna del reperto stesso (400-600 µm).
Radiografie (RX) e Tomografie X (TAC)
La radiografia digitale può essere molto utile soprattutto per i dipinti, sia su tela che su tavola: è possibile ottenere informazioni sullo stato di conservazione, sulle caratteristiche dei supporti, sulle tecniche realizzative e sugli strati pittorici sottostanti la pellicola pittorica finale. La tomografia può essere utilizzata con successo per tutte le opere d’arte in cui è importante anche la terza dimensione, come ad esempio statuette, vasi, ornamenti o altri manufatti. Permette di vederne l’interno in modo non invasivo, ottenendo informazioni fondamentali sul loro stato di conservazione e sulle tecniche costruttive. (Si veda nell’esempio affianco la ricostruzione tridimensionale di una testa di Diana che mostra un piccolissimo difetto nello spessore). Grazie alla strumentazione innovativa di cui disponiamo è possibile radiografare oggetti di varie dimensioni e tipologie, variando anche le condizioni di acquisizione in tempo reale, in modo da ottenere il risultato migliore a seconda del materiale indagato. Accanto alla strumentazione portatile, strumentazione fissa di CHNet è presente presso vari laboratori di rete e presso il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” (To).
Radiografia k-edge
Con questo termine si indica una tecnica di imaging che consiste nell’eseguire due radiografie digitali con raggi X di energie, rispettivamente, di poco superiore e di poco inferiore al K-edge dell’elemento che si vuole identificare. Solo il coefficiente di attenuazione di tale elemento subisce una cospicua variazione nell’intervallo tra le due energie impiegate. La sottrazione digitale delle due immagini, secondo un algoritmo ben noto, permette quindi di evidenziare questa variazione, fornendo la distribuzione dell’elemento considerato. La mappa elementale così prodotta presenta tutti i vantaggi tipici di una tecnica di imaging rispetto ad una tecnica a campionatura: misura a zone e non per punti discreti, non-arbitrarietà nella scelta dei campioni, riconoscibilità di parti restaurate.
La radiografia k-edge è molto utile per lo studio non-invasivo dei materiali pittorici di un dipinto, visto che un particolare elemento chimico è spesso caratteristico di un particolare pigmento (ad es.: Zinco del Bianco di Zinco, Mercurio del Cinabro, ecc.).
Diffrazione a raggi X (XRD)
La diffrazione X (XRD) consente di determinare le fasi mineralogiche caratterizzanti i materiali oggetto di studio. La tecnica è particolarmente indicata nello studio di beni culturali e materiale archeologico di differente tipologia.
Particolarmente efficace è la sua applicazione nella determinazione della natura dei pigmenti in dipinti, affreschi e pitture murali, pergamene e manoscritti miniati. Altre applicazioni riguardano la determinazione di patine di corrosione o degrado in metalli antichi e materiale di interesse architettonico al fine di determinare la natura dei processi di degrado e di individuare opportuni protocolli di conservazione. Recentemente la tecnica qui presentata è stata utilizzata anche in campo forense per procedure di attribuzione e autenticazione di materiali di dubbia collocazione storico-artistica.
Spettrometria SIMS (Secondary Ion Mass Spectrometry)
La spettrometria ToF-SIMS è particolarmente indicata per l’identificazione e localizzazione di composti organici quali: resine, leganti, coloranti, lacche etc. Considerata una delle più potenti tecniche analitiche di indagine superficiale, la spettrometria di massa ioni secondari è in grado di fornire informazioni sulla composizione chimica di un materiale ed associarne un mapping. Negli esperimenti di depth profiling (modalità dinamica) tale tecnica fornisce la composizione chimica del materiale in funzione della profondità. Attualmente la spettrometria SIMS è considerata la tecnica di indagine superficiale più sensibile (ppm/ppb), in grado di ottenere una risoluzione sub-nanometrica lungo z ed una risoluzione laterale di 60 nm.
Profilometria
Il profilometro è uno strumento di misura per la quantificazione della rugosità di una superficie. La risoluzione verticale è di solito il nanometro mentre la risoluzione laterale è di solito più bassa.
Spettroscopia Raman
La spettroscopia Raman è forse la tecnica di analisi molecolare non invasiva-non distruttiva più potente tra quelle attualmente disponibili per l’analisi dei beni culturali.
Essa si basa sulla diffusione anelastica della luce da parte del campione e può fornire informazioni sulla composizione molecolare, i legami, l’ambiente chimico, la fase e la struttura cristallina del campione in esame, essendo così adatta all’analisi di materiali in più forme: gas, liquidi e solidi amorfi o cristallini.
Le sue applicazioni nell’archeometria sono molteplici, dalla caratterizzazione fisico-chimica non distruttiva di pigmenti pittorici all’identificazione del tipo di roccia o di gemma presenti nei manufatti. La spettroscopia Raman è divenuta una delle tecniche maggiormente utilizzate per lo studio delle opere d’arte, poiché consente l’identificazione dei materiali che le compongono grazie al semplice confronto con spettri Raman standard. Tale caratterizzazione può fornire un importante contributo ai progetti di restauro e di conservazione delle opere d’arte o di reperti archeologici, fornendo dati essenziali sulla loro natura, l’eventuale stato di degrado e, a volte, sulla loro provenienza. Inoltre la disponibilità di strumentazione portatile consente di analizzare in situ opere di qualunque dimensione. Grazie all’accoppiamento con un microscopio, caratteristica della microspettroscopia Raman, possono essere caratterizzati i singoli grani di pigmento anche di dimensioni dell’ordine del micron, permettendo così, ad esempio, di ottenere separatamente gli spettri dei pigmenti miscelati dal pittore per ottenere un certo colore.
Spettroscopia IR in trasformata di Fourier (FTIR)
La Spettroscropia Infrarossa in Trasformata di Fourier (FT-IR) è una tecnica diagnostica non distruttiva e non invasiva (o microinvasiva) in grado di analizzare la composizione molecolare dei materiali non metallici. In particolare è possibile analizzarne la componente organica, non rilevabile con altre tecniche diagnostiche. Questa tecnica può dare informazioni di tipo qualitativo e, in qualche caso, quantitativo. La spettroscopia FT-IR viene sempre più utilizzata per l’analisi superficiale dei materiali e dei manufatti nella fase preliminare al restauro, ottenendo informazioni utili per la scelta della migliore metodologia operativa.
Fluorescenza indotta da laser (LIF) risolta in tempo
La spettroscopia di fluorescenza indotta da laser nell’ultravioletto (LIF) viene impiegata nel campo dei Beni Culturali come tecnica complementare alle tradizionali tecniche composizionali.
La tecnica si basa sul principio che pigmenti/leganti/consolidanti, etc. possiedono una loro fluorescenza caratteristica, che ne permette il riconoscimento sulla superficie pittorica.
L’identificazione dei materiali in esame avviene attraverso lo studio degli spettri di emissione caratteristici dei composti analizzati, generati in seguito ad un’eccitazione da parte di una sorgente laser.
I vantaggi di questa tecnica risiedono nella sua alta sensibilità, non invasività e risposta immediata.
Uno dei problemi principali nell’analisi di miscele di differenti composti (ed.es. pigmento + legante) risiede nella difficoltà di isolare i contributi spettrali provenienti dai singoli componenti. Questa difficoltà può essere superata attraverso l’analisi risolta in tempo (TR-LIF) degli spettri, che permette l’identificazione del composto in esame attraverso lo studio dei tempi di decadimento caratteristici delle emissioni osservate.
Spettrometria di massa inorganica (HR-ICP-MS) e Spettrometria di massa a ionizzazione termica (TIMS)
La spettrometria di massa inorganica con sorgente di ionizzazione al plasma (ICP-MS) permette la determinazione quali-quantitativa della composizione elementale del campione con ampia copertura rispetto al totale degli elementi della tavola periodica. Si tratta di una tecnica estremamente sensibile in grado di operare nel campo delle ultratracce, che frequentemente consente di rivelare concentrazioni pari o inferiori a 10-12 g di analita per g di campione. La spettrometria di massa può essere considerata una tecnica micro-distruttiva, visto che la quantità di campione necessaria alla misura è molto modesta, in genere dell’ordine di poche decine di mg. L’ICP-MS può fornire un contributo in tutti quei casi in cui sia necessario indagare la composizione del reperto o cercare la presenza di elementi, anche a livello di contaminazione, che possano fornire indicazione sulla provenienza dello stesso o delle materie prime utilizzate per la sua realizzazione, nel caso si tratti di un manufatto.
La spettrometria di massa con sorgente di ionizzazione termica (TIMS), specialmente nel caso di strumentazione dotata di collettore multiplo, è particolarmente adatta alla misura dei rapporti isotopici degli elementi. Permette infatti di ottenere misure ad altissima precisione utilizzabili, anche in questo caso, per compiere studi ed indagini sulla provenienza del reperto o, nel caso di manufatti, del materiale usato per la sua realizzazione. In certi casi tale tecnica viene usata anche per dimostrare l’autenticità delle opere d’arte. In genere gli elementi più sfruttati per queste applicazioni sono lo stronzio per campioni biologici e il piombo per materiali inorganici. Questo perché questi hanno almeno un isotopo di origine radiogenica la cui abbondanza dipende dall’età geologica e dall’origine geografica del materiale.
Spettrometria di massa isotopica (IRMS)
La spettrometria di massa isotopica stabile permette la misura dei rapporti isotopici di elementi comecarbonio, azoto, ossigeno, idrogeno e zolfo, in materiale allo stato solido, liquido o gassoso. Tale tecnicaconsente la misura dell’abbondanza naturale isotopica in diversi tipi di campioni, distinguendo sostanze chimicamente simili tra loro, sulla base della loro marcatura isotopica. La potenzialità di questo strumentosta nella capacità di poter determinare l’origine ed il percorso di una determinata sostanza nell’ambiente. A titolo di esempio, l’analisi isotopica di C e N presenti nelle ossa permette di ricostruire l’alimentazione seguita dalle popolazioni del passato, l’analisi isotopica del C presente in materiale lapideo permette di studiarne la provenienza, mentre quella del C da residui organici in reperti ceramici archeologici consente di risalire alla tipologia di alimento utilizzato, distinguendo tra grassi vegetali ed animali. Dai rapporti isotopici dello stronzio sullo smalto dei denti invece si riescono a ricostruire le possibili migrazioni che hanno interessato gli individui di una specifica popolazione.